L’istituto del Cash Pooling: l’opinione dell’Agenzia delle Entrate
Brevi considerazioni sull’istituto utilizzato nei gruppi industriali sovranazionali
La liquidità di un gruppo è, da oramai lungo tempo, uno degli aspetti principali e che più di altri balzano agli occhi di investitori ed organi di controllo.
Fra gli strumenti che permettono di ottimizzare tale situazione all’interno del gruppo è sicuramente la stipula di un contratto di cash pooling (gestione accentrata della tesoreria).
Tale istituto, infatti, permette di migliorare la liquidità e quindi la gestione finanziaria del gruppo, con effetti diretti sia sugli interessi passivi sia in vista di una migliore gestione delle disponibilità liquide. Le società del gruppo conferiscono incarico ad altra società appartenente al gruppo (potrà sia essere la holding sia altra società creata appositamente) con la funzione di tesoreria centrale e la gestione di un conto corrente sul quale vengono versati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna consociata.
La modalità più diffusa è la c.d. “zero balance system” o “tesoreria a saldi zero”, ovvero una quotidiana movimentazione di somme, ovvero il trasferimento, a fine giornata/periodo, del saldo attivo presente sul conto delle società aderenti sul conto della società tesoriera (in qualità di società pooler).
Nel cash pooling potrebbero apparire evidenti elementi tipici del finanziamento, anche se, e sul punto si rimanda alle considerazioni difformi dell’Agenzia delle Entrate, tale contratto deve essere ricondotto nell’ambito dei cd. “contratti a causa mista” (con elementi del conto corrente ordinario e del contratto di finanziamento).
Nel rapporto di cash pooling è infatti insita un’operazione di finanziamento a favore delle società del gruppo, che potrebbero coprire le loro passività di conto per effetto della gestione “accentrata” delle liquidità del gruppo medesimo.
La giurisprudenza di legittimità ha comunque riconosciuto la natura finanziaria del cash pooling: l’istituto avrebbe, infatti, la finalità di «escludere o limitare l’accesso al credito bancario, finanziando l’impresa partecipante alla cassa comune con gli attivi di cassa dell’altra o delle altre imprese» (1).
L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate
La qualificazione del cash pooling è stata oggetto di risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate (in tema di applicabilità delle ritenute sugli interessi maturati o compensati):
- la Risoluzione n. 58/E del 27.2.022 (2), con la quale l’Agenzia delle Entrate in un parere reso in relazione ad un’ipotesi di “zero balance cash pooling”, ha ricondotto tale tipologia di cash pooling nel contesto del contratto di conto corrente ordinario. Le caratteristiche di tale cash pooling non sarebbero «riconducibili […] ad un prestito di denaro», non essendo a carico della società che gestisce l’esubero di liquidità alcun onere restitutorio. Altro argomento utilizzato è la reciprocità, all’interno del gruppo, dell’effettuazione del versamento dell’avanzo di liquidità e in ragione del fatto che tali rimesse vengano effettuate indifferentemente da tutte le società del gruppo, società che poi attingono, se necessario al cash pool per ovviare alle momentanee rarefazioni di liquidità.
- con la Risoluzione n. 194/E del 8.10.033 (3), l’Agenzia ha modificato parzialmente il proprio orientamento, in riferimento all’ipotesi di c.d. “notional cash pooling”, ed ha ritenuto che la modalità di funzionamento di tale istituto sono riconducibili ad «un’operazione di prestito di denaro» consentendo alle società del gruppo «una forma di finanziamento, ancorché indiretta».
(1) Cass. civ., Sez. Trib., 23 giugno 2009, N. 14730
(2) pubblicata in www.finanzaefisco.it
(3) pubblicata in www.finanzaefisco.it
Avv. Simone Mazza
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