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La nuova fatturazione elettronica – tra falsi miti e leggende metropolitane

Come da ormai troppo tempo accade nel nostro Paese, la patologica esistenza dell‘evasione tributaria presuppone la ricorrente denuncia ai media (amplificandone la portata del problema che pure esiste), per poi propinare la cura che, come d’abitudine, è da un lato la sempre maggiore invasività del Fisco nella vita privata dei comuni cittadini e nelle scelte economiche delle imprese, dall’altro la progressiva accelerazione tecnologica della macchina fiscale nel rapporto Fisco/Contribuente.

Tuttavia, a nostro modesto parere (di cittadini, prima ancora che di tecnici), se l’obiettivo da perseguire è quello della lotta all’evasione, gli strumenti dissuasori dovrebbero essere ben altri. Immaginiamo a titolo esemplificativo: la riduzione significativa della pressione tributaria complessiva (a partire dall’IRAP), lo sfoltimento e la razionalizzazione della normativa fiscale, i controlli nel comparto del pubblico impiego e dei percettori di prestazioni temporanee dall’INPS (spesso con doppio lavoro in esenzione contributiva e fiscale e con danno alle imprese).  Ricette molto semplici quanto di difficile realizzazione, perché presupporrebbero una drastica ristrutturazione della spesa pubblica corrente, mettendo in tal modo a rischio l’imprescindibile consenso elettorale.

Dal nostro punto di vista non siamo più in condizione di credere alle false promesse del burocrate o del politico di turno che, già nel lontano 1998, con l’abbandono delle dichiarazioni dei redditi cartacee, andava sostenendo in pompa magna che l’evasione tributaria sarebbe dovuta essere se non debellata almeno drasticamente ridimensionata. Poi, negli anni, abbiamo assistito ad ulteriori interventi invasivi come le limitazioni alla circolazione del contante, il redditometro (strumento peraltro già di fatto abbandonato), le limitazioni alle compensazioni, i visti di conformità, gli studi di settore, lo split-payment, il reverse-charge, le comunicazioni polivalenti, per giungere al clamoroso flop del recente spesometro (con tutto ciò che abbiamo potuto sperimentare, dalla palese violazione della privacy al blocco della piattaforma durante l’inoltro, fino alle proroghe necessitate a go-go, etc. etc). Abbiamo nostro malgrado constatato come la progressiva e sistematica informatizzazione (sempre più spinta ed onerosa per contribuenti e commercialisti) non sia stata sufficiente a risolvere l’annoso problema dell’evasione tributaria che, anzi, sembra essere aumentata negli anni, particolarmente nel settore delle imposte indirette (incremento complessivo stimato in oltre il 10% di imposte evase dal 2010 al 2014 secondo una recente Relazione di studio).

La moltiplicazione delle casistiche a basso indice di pericolosità fiscale, la crescente complessità del sistema tributario, la messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate (A.d.E.) di numerose e possenti banche dati (implementate soprattutto dai Commercialisti italiani) e di dichiarativi già disponibili in tempo reale per potere facilitare accessi, ispezioni e verifiche, non sono stati minimamente sufficienti per contrastare efficacemente il problema enunciato.

Nonostante questo, il Governo attuale (sostenuto dai loro Parlamentari e dai burocrati del Ministero dell’Economia) vorrebbe introdurre addirittura la Fatturazione Elettronica generalizzata tra soggetti IVA (Business To Business, B2B) che rappresenta di fatto un’ulteriore accelerazione della tempistica di trasmissione al Fisco dei dati delle imprese: da periodica ad istantanea.

Non paghi dell’esperienza (fallimentare) passata, con l’introduzione della fatturazione elettronica B2B vogliamo continuare nella stessa direzione? Vogliamo mettere a repentaglio il lavoro di migliaia di Commercialisti italiani con i loro collaboratori (dipendenti e praticanti) oltre a tutto l’”indotto” (case di software ed editoria professionale in primis) in questo periodo di lunga crisi economica? Ma veramente ci sono ancora benpensanti che credono che con la fatturazione elettronica massiva B2B si risolverà la gran parte dei problemi (di carattere pubblicistico) e saremmo più liberi di pensare ai reali interessi delle imprese riducendone i costi?

Facciamo un po’ di chiarezza, cercando di sgomberare il campo da equivoci o da informazione incompleta.

Questi gli argomenti che proponiamo a sostegno delle nostre tesi:

1.   innanzitutto si gioca sulle parole. Fatturazione elettronica tra privati non significa, come potrebbe comunemente interpretarsi, fatturazione elettronica anche ai privati cittadini (campo dove, in effetti, si annida un’ampia fascia di evasione), bensì significa fatturazione tra soggetti IVA non pubblici, nei confronti dei quali vige il principio di neutralità dell’imposta;

2.   perché sul tema della tecnologia fiscale dobbiamo sempre essere i campioni (cioè i primi) in Europa? L’obbligo di fatturazione elettronica estesa a tutti i soggetti IVA non risulta esserci, al momento, in nessun paese europeo, anche per incompatibilità con la normativa comunitaria, che troppo spesso viene usata come una clava contro i professionisti italiani;

3.   difatti l’articolo 218 della Direttiva CEE 2006/112/Ce considera su un piano di assoluta parità la fattura cartacea e quella elettronica e non consente agli stati membri di imporre ai soggetti passivi l’una o l’altra tipologia. Solo ora l’attuale Ministro delle Finanze ha chiesto alla Commissione Europea una deroga ai sensi dell’articolo 395 della predetta Direttiva;

4.   la fatturazione elettronica, tenuto  anche  conto delle difficoltà e dei costi di emissione e di conservazione del documento, non risolverà il problema dell’evasione, anzi, siamo pressoché sicuri che lo aggraverà. Ciò in considerazione del fatto che viste le menzionate difficoltà di emissione (e dei costi correlati alla conservazione), molti piccoli contribuenti se prima, seppure a volte obtorto collo, rilasciavano il documento cartaceo, domani con il formato elettronico potrebbero non pensarci proprio ad emettere fatture in questo complesso e costoso formato intangibile;

5.   alla luce dell’esperienza maturata finora nell’ambito della Fatturazione Elettronica resa obbligatoria nei confronti della P.A. si avrà inoltre che, in ogni caso, i soggetti coinvolti sarebbero costretti nella migliore delle ipotesi a ribaltare sul cessionario o sul committente i maggiori costi diretti ed indiretti relativi all’emissione ed alla conservazione del singolo documento (ciò a meno che la P.A. se ne faccia interamente carico mettendo gratuitamente a disposizione i propri server ed esonerando i contribuenti da ulteriori oneri e responsabilità, sia sotto il profilo probatorio che relativamente all’eventuale perdita dei dati);

6.   resta inoltre impregiudicato il fatto che tale sistema di fatturazione terrà ancora più alla larga gli evasori totali e non eviterà in alcun  modo le sottofatturazioni;

7.   fermo restando quanto sopra specificato sub 5., in considerazione degli attuali dispositivi messi finora a disposizione dall’Agenzia delle Entrate (vedi sistema SDI), di fatto farraginosi, insidiosi, lenti e con manuali enciclopedici da studiare, il contribuente si troverebbe comunque costretto ad utilizzare servizi esterni di gestione della fatturazione (con ulteriore aggravio di costi). Ma allora perché i contribuenti italiani dovrebbero continuare a pagare la SOGEI?

8.   viste le gravi criticità e difficoltà (di ogni tipo),  riscontrate nella trasmissione dello spesometro, vogliamo continuare sulla strada della tecnologia perseguendo il sogno dell’agenda digitale? Quanto meno ci sia consentito osservare che i tempi forse non sono ancora maturi;

9.   il combinato disposto: fatturazione elettronica/dichiarativi precompilati dall’A.d.E. metterà in seria difficoltà  il 90% dei Commercialisti italiani che si vedranno costretti riorganizzare drasticamente l’attività dei propri studi (da esperti nella tenuta della contabilità a compilatori di fatture c/o terzi), perdendo una storica fonte di reddito. Espropriati di una delle nostre principali funzioni, potremmo sì riorientarci ed inventarci ulteriori profili professionali, ma gli spazi non ci saranno per tutti, oltre a considerare il fatto che i dipendenti degli studi dovrebbero essere in larga parte licenziati;

10.   in base a questa nuova configurazione organizzativa, noi (per conto dei contribuenti) dovremmo infatti limitarci a trasmettere all’A.d.E. le fatture elettroniche e l’A.d.E. stessa invierà la dichiarazione precompilata al contribuente con funzioni di consulenza (come già annunciato con comunicato ufficiale dall’attuale Direttore Ernesto Maria Ruffini), provocando un drastico effetto di spiazzamento (o sostituzione) dei Commercialisti italiani dall’esercizio di un’importante e diffusa funzione. Noi riteniamo invece che non si possano rovesciare ruoli ed attribuzioni frutto di decenni di competenze, di formazione, di investimenti, nonché di percorsi di studio strutturati e costituzionalmente riconosciuti e tutelati. Lo Stato incassi e controlli. Noi vorremmo continuare a fare i Commercialisti (assistendo le imprese in ogni momento della loro vita), cioè quello che sappiamo fare, perché così siamo stati formati ed esaminati anche in base ad un selettivo e specifico esame di Stato. Stato che da un lato ci abilita e ci riconosce come professionisti qualificati nel mercato dei servizi professionali mentre dall’altro ci spoglia di prerogative e di dignità (!);

11.   se lo Stato volesse sostituirci nella tenuta della contabilità (oggi semplificata e domani forse anche in quella ordinaria) e nella predisposizione dei dichiarativi fiscali, non crediamo che possa riuscire a farlo con questo farraginoso sistema tributario la cui applicazione puntuale richiede la conoscenza specifica della clientela;

12.   si dice inoltre che le contabilità non sono più economicamente redditizie per i professionisti. Questa è un’altra considerazione fuorviante ed impropria: lasciamolo stabilire ai Commercialisti italiani come rendere maggiormente efficienti gli studi, riorganizzandoli o magari mettendoli in rete. Ciò senza considerare il fatto che, spesso, la tenuta della contabilità è un servizio accessorio talvolta fondamentale per garantire una consulenza aziendale più mirata (oltre a poter consentire l’apposizione di visti di conformità senza troppe preoccupazioni e con minori costi per il contribuente).

13.   l’auspicata introduzione della funzione legata alla certificazione dei processi di  fatturazione  elettronica (come pure la generazione della fattura in formato elettronico su incarico del cliente), sarà mansione non più gratificante della tenuta della contabilità  e sarà poca cosa rispetto alla mole di lavoro che si verrebbe a perdere con la fatturazione elettronica e la conseguente  abolizione della contabilità che diventerebbe appannaggio dell’Agenzia delle Entrate. Richiederà inoltre competenze informatiche che in pochi hanno perché diverso è stato il percorso di studio dei Commercialisti italiani;

14.   il ruolo del Commercialista sarà ancora più svilito (ed improprio) perché con le annunciate dichiarazioni precompilate inviate dall’A.d.E. alle imprese e conseguenti alla Fatturazione Elettronica, verremmo chiamati a rettificare le stesse (perché con tutta probabilità errate od incomplete) assumendoci noi responsabilità che non ci competono (è un film che abbiamo già visto e denunciato con i 730 precompilati);

15.   quello della Fatturazione Elettronica è l’ennesimo provvedimento burocratico che spaventa le imprese, soprattutto quelle meno strutturate, perché invasivo e  limitativo della libertà d’impresa così come chiaramente disposto dall’articolo  41 della nostra Costituzione;

16.   “last but not least”: con la trasmissione telematica delle fatture elettroniche rigo per rigo, intravediamo anche dei macroscopici problemi di privacy (cosa già accaduta con lo spesometro), con possibili profili di violazione del segreto industriale.

Si cerca inoltre di far passare il concetto che fatturazione elettronica equivale a semplificazione. Se così fosse non si comprende il motivo per cui renderla obbligatoria: se di vera semplificazione si trattasse, un imprenditore opterebbe per la stessa senza se e senza ma. In questa sede vorremmo inoltre evidenziare come sia stata capziosa la possibilità finora offerta dal D.Lgs. 127/2015 di optare dal 2017 per la fatturazione elettronica, vincolandone la scelta per 5 anni. Se l’opzione fosse stata per un solo anno avremmo infatti, ed a breve, avuto modo di verificare in modo empirico quanti di coloro che finora hanno già optato per tale modalità di fatturazione (che probabilmente, in assenza di un vincolo così stringente, sarebbero stati in numero ben maggiore) vorranno confermare la loro scelta anche per il prossimo anno.

Riteniamo insomma che una rivoluzione di così tale importanza dovrebbe essere caso mai affrontata e gestita dal nuovo esecutivo, nel corso della prossima legislatura e con il coinvolgimento stretto dei Commercialisti italiani che sono coloro i quali conoscono ed applicano la materia.

Diversi anni fa, il medico di famiglia rischiava di essere estromesso da una funzione burocratica quale quella del rilascio delle ricette. La Categoria fece sentire la propria importanza sociale e l’idea venne accantonata verosimilmente per sempre.

In conclusione, convinti dell’inutilità o peggio ancora, della dannosità del provvedimento (fatturazione elettronica obbligatoria tra soggetti privati), riteniamo che la molla che spinge l’Amministrazione Finanziaria su questo terreno sia ancora oggi (come è sempre stato), quella del pregiudizio ideologico nei nostri confronti.

Non siamo considerati ausiliari dello Stato nell’esercizio delle nostre funzioni di consulenza ed assistenza fiscale e nell’assolvimento degli adempimenti tributari dei cittadini, ma siamo viceversa considerati coloro che aiutano i contribuenti a sfuggire ai propri doveri di contribuente. Prova ne è che la corposa relazione sullo “stato dell’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” sia stata predisposta da un’apposita Commissione istituita con Decreto dell’Economia e delle Finanze, formata da professori universitari e alti burocrati di Stato, senza che sia stato coinvolto nemmeno un Commercialista a farne parte.

Prima di essere professionisti siamo cittadini come tutti gli altri ed anche noi potremmo offrire il nostro contributo qualificato alla soluzione dell’annoso problema dell’evasione tributaria. E lo potremmo offrire quali operatori di fatto del diritto tributario.

Al limite, se si fosse così sicuri che tale gravoso adempimento della Fatturazione Elettronica possa davvero semplificare la vita di certe aziende più grandi, strutturate o evolute basterebbe:

a.   renderne effettivamente opzionale (e magari incentivata) l’adozione;

b.   limitarne l’obbligatorietà a quelle aziende che superano una certa soglia dimensionale (ad esempio richiamare gli stessi limiti dell’articolo 2435-bis del C.C.), perché rendere obbligatoria la fatturazione elettronica anche ai piccoli artigiani ed imprenditori, sarebbe veramente una follia burocratica che metterebbe moltissimi operatori in gravi difficoltà. Ed anche lo Stato potrebbe trovarsi a gestire a nostro avviso una caduta del gettito tributario per i motivi sopra esposti.

Insomma, se è pur vero che non si può fermare l’acqua che scende dalla montagna, tuttavia è possibile orientarne il corso.

Noi, come Commercialisti, vorremmo offrire il nostro fattivo contributo alla soluzione del problema evasione tributaria, senza tuttavia snaturare il nostro ruolo sociale che è poi anche quello che ha contribuito negli anni allo sviluppo ed al benessere del nostro paese.

Stefano SFRAPPA (Presidente Sindacato italiano Commercialisti)
Marco MARINELLI (V.Presidente Sindacato italiano Commercialisti)

Articolo estratto dal sito del Sindacato Italiano Commercialisti

 
 

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