Flussi di cassa e rendiconto finanziario: la comunicazione tra Banca e Impresa (parte 2)
Oggi le banche tendono a concedere il minimo fido possibile, sia per ridurre il loro stesso rischio che per lucrare sugli interessi addizionali sugli sconfinamenti.
Quindi da un lato, in sede di richiesta, l’impresa deve cercare di farsi accordare un fido un po’ superiore a quello strettamente necessario, dall’altro va monitorato costantemente per evitare un aggravio non utile degli oneri fiscali. D’altro canto, in questo modo, con un fido ampio ma sotto controllo, eviteremo di sconfinare con il conseguente costo e l’eventuale richiesta di rientro immediato. In ogni caso, diventa importante non giungere mai ad utilizzare totalmente il fido concessoci.
Per ben spiegare il fabbisogno e ottenere il fido che riteniamo necessario, dobbiamo sempre accompagnare la richiesta di fido con la produzione di situazioni contabili chiare e ben collegate al budget previsionale di cassa, oltre che al prospetto di cash flow previsionale. Una richiesta di credito è una richiesta di fiducia e una pianificazione finanziaria chiara è il fondamento sul quale costruire la fiducia dei nostri creditori e finanziatori. Una buona pianificazione finanziaria interna e una corretta e trasparente gestione con la nostra banca consente anche di ottenere migliori condizioni di credito, l’accesso a strumenti preclusi a clienti non trasparenti e tempo per poter accedervi, non lavorando sulle emergenze e sulle urgenze, potendo ottimizzare anche la gestione commerciale del credito ai clienti e la gestione efficiente degli acquisti e del magazzino.
Se, nonostante un nostro corretto comportamento nel rapporto con il nostro fornitore-banca non otteniamo un trattamento soddisfacente, oggi come non mai, per un’impresa commercialmente solida, diventa un’opportunità cercare nuove banche e nuove condizioni. Le banche non lavorano tutte allo stesso modo, e molte oggi sono in difficoltà anche se il cliente non ne viene informato o può non rendersene conto.
Le diverse disposizioni susseguitisi nel corso tempo, con riferimento ai vari “Accordi di Basilea”, hanno portato il sistema bancario a suddividere le imprese in classi di rating in funzione del relativo livello di rischio al fine di valutare i presupposti minimi di affidabilità e, in caso di esito positivo, differenziando le condizioni del finanziamento (importo concesso, tasso di interesse, garanzie prestate, ecc.). Ora, pur essendo vero che, complice anche il perdurante stato di generale crisi, diventa sempre più difficile l’accesso al credito per l’impresa che non presenti un accettabile equilibrio patrimoniale, finanziario e reddituale, l’accesso al credito diventa complesso anche per quella impresa che pur avendo buoni fondamentali, non sa comunicarli bene.
In ogni caso, le banche oggi decidono di accettare o meno la richiesta di finanziamento sulla base del rating che presenta, per lo meno, il pregio di sintetizzare in un unico valore un complesso insieme di informazioni riguardanti l’azienda richiedente che viene esaminata sotto tre aspetti:
1. l’analisi qualitativa: le caratteristiche proprie dell’impresa;
2. l’analisi andamentale: il comportamento dell’impresa nei confronti della banca che esamina la domanda di finanziamento e del sistema bancario in generale;
3. l’analisi quantitativa: l’analisi dei valori di bilancio.
L’analisi qualitativa riguarda alcuni aspetti di carattere generale, quali, ad esempio la storia dell’impresa, la forma giuridica, l’assetto proprietario della società, il sistema di amministrazione e controllo adottato, la localizzazione geografica, talvolta presa in considerazione dalla banca nella misurazione del grado di rischio aziendale, il settore di appartenenza, il mercato di riferimento e il posizionamento rispetto alla concorrenza, la qualità dell’informazione aziendale e l’efficienza degli strumenti di programmazione e controllo (presenza di budget, di business plan, di piani industriali e finanziari), i fattori di debolezza e successo (Analisi Swot).
L’analisi andamentale riguarda lo studio del comportamento dell’impresa nei confronti della singola banca e dell’intero sistema creditizio, desumibile dall’Attestato della Centrale dei Rischi (ACR) richiedibile periodicamente alla Banca d’Italia. L’analisi dell’ACR consente alla banca di individuare alcune informazioni rilevanti ai fini dell’accertamento della probabilità di insolvenza dell’impresa quali, ad esempio, la storia e il trend del rapporto con la banca e il sistema creditizio in generale, degli importi accordati, nonché la loro natura, la qualità del portafoglio e la rotazione dei movimenti di conto corrente, la regolarità nei pagamenti e le eventuali sofferenze, la velocità di rotazione dei crediti, la percentuale degli insoluti sugli effetti presentati al “salvo buon fine”, il livello delle somme utilizzate e degli sconfinamenti, sia in termini assoluti o percentuali che della loro durata, il numero delle banche segnalanti.
Una particolare attenzione è riservata al c.d. autoliquidante, cioè l’importo accordato per lo smobilizzo di salvo buon fine, effetti e fatture. Se una società dispone di un accordato di 1.000.000 di euro da parte della banca X a fronte di un importo complessivo di sistema di euro 2.500.000, l’istituto di credito provvede a verificare l’incidenza del proprio affidamento rispetto al totale generale, con l’intento di desumere il grado di credibilità dell’impresa sul mercato finanziario.
Oggetto di attenzione è anche la percentuale di effettivo utilizzo di quanto accordato, sia a livello di banca che di sistema, in quanto più tale rapporto si avvicina al 100% maggiore risulta il grado di rischiosità dell’impresa.
Vengono verificati anche, sia in numeri assoluti che in termini di andamento tendenziale, gli eventuali sconfinamenti e il numero delle banche segnalanti.
In caso di richieste di affidamento effettuato a più banche contemporaneamente, l’apertura di un’istruttoria comporta normalmente la segnalazione alla Centrale dei Rischi. Questa circostanza può comportare che il responsabile della pratica potrebbe risultarne influenzato respingendo la richiesta dell’impresa, soprattutto se le richieste di istruttoria presso altri istituti di credito non siano andati a buon fine. L’impresa, quindi, in alcuni casi, potrebbe trarre maggior vantaggio se individua un solo Istituto di Credito cui rivolgere istanza, possibilmente quello presso il quale l’impresa ritiene di avere maggiori possibilità di ottenere credito.
È parte dell’analisi andamentale anche la verifica dell’ottimale equilibrio tra mezzi propri e debiti, anche se poi un’analisi più approfondita viene svolta durante l’analisi quantitativa che consiste in un’analisi di bilancio basata sulla riclassificazione dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico e della successiva analisi per margini e indici, e, sempre più spesso, per flussi.
Dell’analisi quantitativa parleremo nel prossimo articolo.
Paolo Battaglia
Dottore Commercialista in Ragusa e ACA Chartered Accountant (ICAEW) a Londra
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