Reprimere l’evasione fiscale delle imprese: Il Consiglio adotta la clausola anti-abuso
Il Consiglio dell’Unione Europea ha modificato la Direttiva 2011/96/EU che regola il sistema di tassazione applicabile alle Parent Companies, società madre, vale a dire società che possiedono azioni o quote di altre società in quantità sufficiente per esercitare un’influenza dominante sull’amministrazione di quest’ultime.
La modifica apportata riguarda l’aggiunta di una clausola antiabuso al fine di evitare l’evasione e la pianificazione fiscale aggressiva da parte dei gruppi aziendali transfrontalieri.
L’obiettivo è quello di impedire agli Stati membri di concedere benefici fiscali a quegli accordi che non sono “genuini”; vale a dire che sono stati messi in atto per ottenere un vantaggio tributario senza riflettere la realtà economica.
Negli ultimi anni il livello di complessità delle transazioni transfrontaliere è cresciuto vertiginosamente, ponendo a carico delle amministrazioni fiscali e dei governi obiettivi di contrasto sempre più sfidanti.
In un contesto economico globalizzato è fondamentale conoscere le dinamiche di interazione dei sistemi fiscali di più Stati coinvolti nelle medesime transazioni internazionali, non solo per eliminare gli ostacoli al commercio e all’investimento, ma anche allo scopo di rimuovere le “falle” che consentano indesiderate elusioni d’imposta.
La direttiva 2011/96 / EU, adottata nel novembre 2011, aveva lo scopo di garantire che i profitti realizzati da gruppi transfrontalieri non fossero tassati due volte.
Essa impone agli Stati membri di esentare dalla tassazione profitti percepiti da società madri dalle loro filiali in altri Stati membri.
Nel novembre 2013, la Commissione ha proposto di modificare la direttiva con il duplice obiettivo di affrontare disallineamenti legati ai prestiti ibridi tra società madre e società figlie e l’introduzione di una norma generale anti-abuso.
Il rapporto Ocse sottolinea come la pianificazione fiscale aggressiva realizzata mediante gli accordi ibridi ponga diversi problemi per gli ordinamenti, come ad esempio:
- Un’indebita riduzione del gettito di uno o più Stati interessati dalle transazioni
- Concorrenza sleale: grazie all’utilizzo di tali pratiche, alcune imprese sono in grado di beneficiare di vantaggi competitivi impropri a scapito di altre imprese (generalmente, piccole e medie imprese), che non sono in grado di sfruttare tali schemi
- Problemi di efficienza economica nell’allocazione delle risorse. Nelle ipotesi in cui si ricorre ad un accordo ibrido, nello Stato del soggetto investitore un investimento all’estero risulta spesso più remunerativo di un equivalente investimento domestico (in tal modo compromettendo la capital export neutrality), oltre ad essere più conveniente di un investimento domestico effettuato da parte di un soggetto residente nello Stato “di destinazione” dell’investimento (inficiando, in tal modo, la capital import neutrality)
- Equità: disparità di trattamento tra imprese multinazionali e piccole e medie imprese che non hanno accesso a tali strutture
Gli obiettivi perseguiti attraverso l’utilizzo degli ibridi hanno lo scopo di ridurre il carico fiscale complessivo attraverso i seguenti meccanismi:
- Ottenere la doppia deduzione in entrambi gli Stati coinvolti
- Ottenere la deduzione in uno Stato e la non tassazione nell’altro Stato
- Generare indebiti crediti d’imposta per imposte pagate all’estero
Con l’introduzione delle modifiche apportate alla Direttiva 2011/96/EU lo Stato membro della capogruppo dovrà d’ora in poi astenersi dal tassare i profitti della controllata solo nella misura in cui tali utili non sono fiscalmente deducibili dalle imposte della società controllata.
Le disposizioni originarie della Direttiva prevedevano di esentare dalla tassazione gli utili che le società madri, avevano ricevuto dalle loro filiali in altri Stati membri dell’Unione.
L’intenzione era quella di garantire che i profitti non venissero tassati due volte, e che i gruppi transfrontalieri non fossero così messi in posizione di svantaggio rispetto ai gruppi nazionali.
Tuttavia, i finanziamenti ibridi tra società di gruppi transfrontalieri permettevano, sfruttando gli squilibri tra le norme fiscali nazionali, di pagare minori imposte poiché gli utili ricevuti dalle società figlie non erano imponibili nello Stato membro della società madre, ed allo stesso tempo gli interessi passivi derivanti dal finanziamento venivano trattati come una spesa deducibile dalle tasse da parte della controllata.
Gli Stati membri avranno tempo fino al 31 dicembre 2015 per recepire l’emendamento nel diritto nazionale; esso contribuirà ad aumentare le entrate fiscali degli Stati membri ed a creare condizioni di parità tra i gruppi transfrontalieri e quelli nazionali.
Marina d’Angerio
Dottore Commercialista in Torino e Londra
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